Le grandi questioni

Prescrizione anticipata delle vecchie lire e tutela dei diritti di credito

La sentenza della Corte costituzionale n. 216 del 2015

Con sentenza n. 216 del 7 ottobre 2015, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 26 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 (c.d. Salva Italia), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, che aveva anticipato il termine di prescrizione delle vecchie lire ancora in circolazione in favore dell’Erario, tradendo la fiducia dei possessori delle lire che avevano fatto affidamento sul termine di conversione originariamente previsto dalla legge.

La Consulta ha giudicato incostituzionale l’estinzione ex abrupto del diritto alla conversione per violazione dei principi di tutela dell’affidamento e di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. (cfr. § 5). Ha ritenuto che nel caso in esame non era stato “operato alcun bilanciamento fra l’interesse pubblico perseguito dal legislatore e il grave sacrificio imposto ai possessori di banconote in lire, dal momento che l’incisione con effetto immediato dee posizioni consolidate di questi ultimi appare radicale e irreversibile” (§ 4.1).

In forza della sentenza di incostituzionalità in argomento, lo Studio S&P promuove tutte le azioni giudiziali necessarie ad ottenere in favore dei possessori delle vecchie lire il recupero del controvalore in euro delle banconote non convertite.

Storia della conversione lira-euro

Il 1 gennaio 1999 è entrato in vigore l’Euro, il cui tasso di cambio irrevocabile con la lira italiana era stato fissato il giorno precedente in 1.936,27 lire italiane per 1 Euro. Da quel momento la lira è rimasta in vigore solo come espressione non decimale dell’euro, anche se monete e banconote continuavano ad essere denominate in lire.

Con l’entrata in circolazione – 1 gennaio 2002 – delle monete e banconote in Euro, si è aperta una fase di doppia circolazione: le monete e banconote in lire vennero ritirate definitivamente il 1 marzo 2002. Le banconote e le monete in lire hanno cessato di avere corso legale il 28 febbraio 2002, a conclusione del periodo di doppia circolazione, data in cui è quindi terminata l’emissione delle serie divisionali in lire di monete-proof e fior di conio. Le monete da 50 e 100 lire sono state, invece, poste fuori corso per Decreto ministeriale già in data 16 ottobre 2000.

Inizialmente il termine per la prescrizione delle lire ancora in circolazione era stato fissato in 10 anni; di conseguenza le monete e banconote ancora in corso legale alla data di introduzione dell’Euro potevano essere ancora cambiate presso le filiali della Banca d’Italia fino al 29 febbraio 2012 (e le monete da 50 e 100 lire fino al 16 ottobre 2010).

Tuttavia, la manovra del governo Monti del dicembre 2011 ha decretato la prescrizione immediata delle monete e banconote. Infatti, secondo quanto disposto dall’art. 26 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del medesimo giorno): “in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 3, commi 1 ed 1 bis, della legge 7 aprile 1997, n. 96, e all’articolo 52-ter, commi 1 ed 1 bis, del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213, le banconote, i biglietti e le monete in lire ancora in circolazione si prescrivono a favore dell’Erario con decorrenza immediata”.

Pertanto, dal 6 dicembre 2011 dette banconote e monete non possono più essere cambiate.

Secondo i dati disponibili, le banconote denominate in vecchie lire ancora in circolazione sarebbero ben 300 milioni, equivalenti ad un valore di 2.500 miliardi di lire, ossia circa 1 miliardo e 300 milioni di Euro. Le monete sarebbero invece pari ad un valore di circa 800 miliardi di lire.

La prescrizione anticipata del diritto alla conversione

L’art. 26 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 (c.d. “Decreto Salva Italia”), entrato in vigore lo stesso giorno della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e poi convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, dispone quanto segue: “le banconote, i biglietti e le monete in lire ancora in circolazione si prescrivono a favore dell’Erario con decorrenza immediata ed il relativo controvalore è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al Fondo ammortamento dei titoli di Stato”.

In deroga alle previgenti disposizioni normative, la scadenza ultima per la conversione in euro delle lire in circolazione è stata, pertanto, anticipata dal 28 febbraio 2012 al 6 dicembre 2011.

La citata disposizione ha impedito a tutti i possessori di vecchie lire (banconote e monete) di ottenerne la conversione in euro dalla Banca d’Italia entro il termine di dieci anni originariamente fissato (cfr. art. 3, commi 1 e 1-bis, legge 7 aprile 1997, n. 96; art. 52-ter, commi 1 ed 1-bis, decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213), consentendo conseguentemente alle casse dello Stato di “incamerare” un ingente quantitativo di denaro.

Si tratta di una vera e propria misura di “espropriazione valutaria”, attraverso la quale lo Stato – con provvedimento normativo d’urgenza, adottato senza preavviso – ha privato di qualsiasi valore le lire ancora in circolazione, tradendo il legittimo affidamento dei possessori sulla possibilità di procedere alla conversione entro il 29 febbraio 2012: conversione cui gli interessati avevano diritto in base alle disposizioni normative sino ad allora vigenti.

Ciò ha letteralmente “azzerato” i vecchi risparmi in lire di molte famiglie, per un controvalore stimato in oltre 1 miliardo e 300 milioni di euro, vanificando peraltro anche alcune iniziative di raccolta delle vecchie lire a scopi di beneficenza intraprese da associazioni e organizzazioni umanitarie (si pensi, ad esempio, alla campagna “L’ultima lira” promossa da Prosolidar, Biblioteca Apostolica Romana, Emergency, Terres des Hommes e UNHCR) o limitandone le potenzialità (si pensi all’iniziativa promossa da Onlus Mariana per progetti in favore di bambini nel mondo).

Una siffatta misura di espropriazione valutaria – oltre a sollevare perplessità in ordine al rispetto del divieto di finanziamento monetario (cfr. Parere BCE 24.01.2012) – si pone in evidente contrasto con i diritti inviolabili tutelati dalla Convenzione Europea dei Diritti Umani (CEDU) in quanto, nel determinare l’estinzione ope legis del diritto di credito derivante dalla convertibilità in euro delle vecchie lire, ha evidentemente cagionato un grave ed irreversibile pregiudizio economico a coloro che ne sono in possesso. La questione è stata denunciata anche alla Commissione europea, la quale però ha deciso di proporre l’archiviazione del procedimento rilevando come l’Unione europea non abbia alcuna competenza in materia giacché “spetta agli Stati membri della zona euro stabilire e modificare le modalità ed i termini per il cambio in euro di monete e banconote delle loro rispettive valute precedenti” (cfr. avviso 2012/C 230/05 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 1 agosto 2012).