Riabilitazione e obbligazioni civili da reato: accolto il ricorso di S&P

Con sentenza n. 38616 del 06.06.2024, depositata in data 21.10.2024, la Corte di cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza con la quale il Tribunale di sorveglianza di Roma aveva respinto l’istanza di riabilitazione presentata da un individuo il quale aveva sostenuto che, a seguito dei sequestri disposti in sede penale e di una serie di procedure esecutive azionate nei suoi confronti, egli era stato privato della disponibilità del proprio patrimonio e si trovava dunque nell’impossibilità oggettiva di adempiere spontaneamente le obbligazioni civili derivanti dal reato per il quale era stato condannato.

La riabilitazione, disciplinata dagli artt. 178 e ss. c.p., è un istituto volto a favorire il reinserimento del condannato nella società civile. Il provvedimento che la concede determina infatti l’estinzione delle pene accessorie e di ogni altro effetto penale connesso alla condanna. La concessione del beneficio della riabilitazione è legata all’accertamento dell’esistenza di condizioni positive – cioè, il decorso di un determinato lasso di tempo dall’esecuzione o dall’estinzione della pena principale e la buona condotta – e negative, consistenti nell’assenza di situazioni ostative alla sua concessione. In particolare, l’istante non deve essere sottoposto a misura di sicurezza e deve aver adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che dimostri di trovarsi nell’impossibilità di adempierle.

Nel caso di specie, l’istante aveva dedotto: i) che la pena applicata in sentenza era stata interamente espiata e che era ampiamente decorso il termine previsto dalla legge per la concessione del beneficio; ii) che, successivamente ai fatti di cui alla condanna, aveva tenuto un comportamento irreprensibile, così dando prova effettiva e costante di buona condotta; iii) di aver integralmente adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato e di trovarsi nell’impossibilità oggettiva di saldare ogni debito residuo. In particolare, egli aveva rappresentato di essere stato sottoposto ad una serie di procedure di esecuzione forzata, azionate anche in conseguenza della vicenda penale che lo aveva riguardato, e che, per effetto dei sequestri subiti in sede penale e delle predette pendenze esecutive, egli si trovava di fatto nell’impossibilità oggettiva di saldare spontaneamente il debito residuo connesso ai fatti per cui era stato condannato (debito che, peraltro, non era nemmeno dovuto alla pubblica amministrazione costituitasi parte civile nel processo penale, ma ad una amministrazione diversa).

Il Tribunale di Sorveglianza di Roma aveva respinto l’istanza osservando che i procedimenti giurisdizionali esecutivi scaturiti dalla vicenda penale che aveva coinvolto l’istante – gli stessi che impedivano a quest’ultimo di adempiere spontaneamente le residue obbligazioni civili – riguardavano anche la quantificazione del danno derivante dal reato; di conseguenza, non essendo ancora stata determinata l’esatta entità di quanto dovuto, l’istanza di riabilitazione non poteva essere accolta.

L’istante, rappresentato e difeso dallo Studio S&P, proponeva ricorso per cassazione avverso tale provvedimento, censurando sia la violazione degli artt. 178 e 179 c.p., sia la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. A fronte della documentata incapacità economica del ricorrente – che, a prescindere dall’esito delle procedure esecutive ancora pendenti, si trovava comunque nell’impossibilità di corrispondere qualsiasi importo eventualmente accertato in sede giurisdizionale – il Tribunale di Sorveglianza si sarebbe dovuto limitare a constare la sussistenza delle condizioni di operatività della clausola di salvaguardia contenuta nell’art. 179, co. 6, n. 2, c.p. L’esito delle procedure esecutive non poteva infatti incidere sull’oggettiva e perdurante impossibilità del ricorrente di adempiere spontaneamente agli obblighi risarcitori.

Con la sentenza in commento, la Corte di cassazione accoglieva il ricorso presentato dall’istante, annullando con rinvio l’ordinanza impugnata. Secondo la Corte di cassazione, il Tribunale di Sorveglianza non aveva fornito motivazione idonea a consentire di verificare l’avvenuto rispetto del consolidato principio di diritto secondo il quale l’elemento ostativo dell’inadempimento delle obbligazioni civili derivanti da reato presuppone un accertamento in merito all’eventuale impossibilità oggettiva del condannato di saldare il debito residuo.

All’esito del giudizio di rinvio, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha accolto l’istanza ed ha concesso la riabilitazione.

Il team di professionisti che ha assistito il ricorrente è composto dall’Avv. Prof. Andrea Saccucci e dall’Avv. Valentina Cafaro.

Per ulteriori informazioni, contattare lo Studio S&P all’indirizzo e-mail: studio@saccuccipartners.com

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