La confisca per reati transnazionali sotto la lente della CEDU

Con provvedimento del 6 dicembre 2023, pubblicato l’8 gennaio 2023, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dato il via all’esame in contraddittorio dei ricorsi presentati nell’ottobre del 2019 dallo Studio S&P aventi ad oggetto l’applicazione in sede di patteggiamento della confisca per equivalente per reati transnazionali prevista dall’art. 11 della l. n. 146 del 2006, recante “ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall’Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001”.

La vicenda trae origine da una serie di imputazioni per reati transnazionali di ricettazione e commercio abusivo di materiale prezioso elevate a carico dei ricorrenti i quali, secondo gli inquirenti, si sarebbero occupati di reperire in Italia il metallo prezioso, di fonderlo in verghe e/o di affinarlo, nonché di trasportarlo sulle piazze di smercio italiane ed estere ove il metallo prezioso veniva poi venduto, da altri soggetti, ad un prezzo superiore a quello di acquisto; ciò al fine di trarne un profitto, consistito – stando all’ipotesi accusatoria – nel margine di guadagno (il c.d. spread) tra il prezzo di acquisto ed il prezzo di rivendita del materiale prezioso.

I ricorrenti avevano scelto di definire il procedimento penale avviato nei loro confronti mediante il rito speciale del patteggiamento di cui agli artt. 444 c.p.p. e ss., concordando con l’ufficio della Procura l’applicazione di una pena detentiva sospesa. Tuttavia, in sede di “omologazione” del patteggiamento, il GIP aveva disposto d’ufficio la confisca per equivalente non solo dei beni degli imputati (le persone fisiche ricorrenti), ma anche di una serie di società (le società ricorrenti) ritenute riconducibili agli imputati. Inoltre, la confisca veniva applicata sino alla concorrenza di un importo pari all’intero valore del materiale prezioso commerciato (anziché in relazione al solo spread fra prezzo di acquisto e prezzo di rivendita) e “in solido” fra tutti gli imputati in forza del principio per cui, nel caso di concorso di persone nel reato, la confisca ed il sequestro preventivo ad essa finalizzato possono interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato, a prescindere dal profitto materialmente ed individualmente realizzato da ognuno.

Dinanzi alla Corte europea, i ricorrenti hanno lamentato molteplici violazioni delle disposizioni convenzionali. In particolare, le persone fisiche hanno censurato la violazione dell’art. 7 CEDU, in ragione dell’applicazione analogica in malam partem dell’art. 11 della l. n. 146 del 2006 operata dalle giurisdizioni interne, e dell’art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU, in ragione del difetto di legalità e proporzionalità della confisca da essi subita. Le società ricorrenti avevano inoltre lamentato la violazione dell’art. 7 CEDU per difetto totale di partecipazione al procedimento penale, nonché dell’art. 13 CEDU per assenza nell’ordinamento italiano di un rimedio accessibile ed effettivo per far valere le dedotte violazioni della CEDU.

Con riguardo all’applicazione della confisca, i ricorrenti facevano valere fra l’altro la circostanza che la stessa giurisprudenza della Corte di cassazione avesse escluso, in altri casi, l’applicabilità della confisca per reati transnazionali nel caso di sentenza di patteggiamento proprio in ragione della formulazione testuale dell’art. 11 della l. n. 146/2006 (che si riferisce unicamente alla “sentenza di condanna”), nonché la circostanza che, quando il legislatore ha voluto estendere l’applicazione della confisca anche alla sentenza di patteggiamento, lo ha sempre fatto in modo esplicito senza ritenere a ciò sufficiente l’equiparazione alla sentenza di condanna prevista dall’art. 445, co. 1-bis, c.p.p.

All’esito di un esame preliminare del fascicolo, la Corte europea ha deciso di riunire i ricorsi proposti dalle persone fisiche e società, disponendone la comunicazione al Governo italiano e formulando all’indirizzo delle parti le seguenti domande sulle quali dovrà vertere il contraddittorio:

  1. Tenuto conto della caratterizzazione della misura contestata da parte dei tribunali nazionali, la confisca per equivalente dei proventi di reato prevista dall’articolo 11 della legge n. 146/2006, può essere considerata una sanzione penale ai sensi dell’articolo 7 § 1 della Convenzione?
    In caso affermativo, per come interpretata dai tribunali interni, la confisca de qua è stata applicata sulla base di una legge sufficientemente prevedibile, con particolare riguardo a:
    (i) l’applicazione della confisca ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 146/2006 a seguito di una sentenza di patteggiamento; e
    ii) l’applicazione del principio solidaristico? 
  2. La confisca dei beni dei ricorrenti è stata disposta in conformità ai requisiti previsti dalla legge, come richiesto dall’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU?
    In caso affermativo, la confisca era proporzionata allo scopo perseguito, come richiesto dall’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, con particolare riguardo a:
    (i) la natura e la gravità dei reati commessi dai ricorrenti;
    (ii) la confisca di somme pari al valore dell’oro commerciato illecitamente, ma superiori ai profitti netti derivanti da tale commercio;
    (iii) il principio della responsabilità in solido e l’assenza di una valutazione individualizzata della proporzionalità della confisca, tenendo conto dei profitti effettivamente ricevuti da ciascun istante?

Con specifico riferimento ai ricorsi presentati dalle società, la Corte ha poi posto i seguenti quesiti:

  1. Tenuto conto della caratterizzazione della misura contestata da parte dei tribunali nazionali, la confisca per equivalente dei proventi di reato prevista dall’articolo 11 della legge n. 146/2006, può essere considerata una sanzione penale ai sensi dell’articolo 7 § 1 della Convenzione?
    In caso affermativo, considerato che le società ricorrenti non hanno preso parte ai procedimenti penali e non sono state condannate per alcun reato, può ritenersi che le società siano state punite per un reato commesso da altre persone, in violazione dell’articolo 7 della Convenzione?
  1. La confisca dei beni delle società ricorrenti è stata disposta in conformità ai requisiti previsti dalla legge, come richiesto dall’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU?
    In caso affermativo, la confisca era proporzionata allo scopo perseguito, come richiesto dall’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, con particolare riguardo a:
    (i) la confisca è stata disposta in relazione a somme pari al valore dell’oro commercializzato illecitamente, ma superiori ai profitti netti derivanti da tale commercio;
    (ii) l’impossibilità per le società ricorrenti di partecipare ai procedimenti penali che hanno portato alla confisca?
  1. Considerando che le società ricorrenti potevano richiedere la restituzione dei beni dinanzi al giudice dell’esecuzione (incidente di esecuzione), può ritenersi che esse avessero a disposizione un rimedio interno effettivo per far valere le loro doglianze ex. artt. 7 e 1 del Protocollo n. 1, come richiesto dall’articolo 13 della Convenzione?

Molte, dunque, le questioni di merito sulle quali il Governo italiano è chiamato a rispondere per giustificare dal punto di vista delle norme convenzionali invocate l’applicazione della sanzione penale della confisca a carico di soggetti che hanno scelto il rito speciale del patteggiamento senza poter ragionevolmente prevedere che l’ambito di applicazione dell’art. 11 della l. n. 146 del 2006 sarebbe stato esteso ad ipotesi diverse da quelle espressamente previste, giungendo ad attingere i beni di società rimaste estranee al procedimento penale in assenza di qualsiasi accertamento nei loro confronti.

Il team di professionisti che assiste i ricorrenti è composto dall’Avv. Prof. Andrea Saccucci, dall’Avv. Giulia Borgna e dall’Avv. Valentina Cafaro. Per ulteriori informazioni, contattare lo Studio S&P all’indirizzo email: studio@saccuccipartners.com.

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