Il Comitato CEDAW comunica all’Italia caso di violenza di genere

In data 15 giugno 2023 il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione contro le donne (Comitato CEDAW) ha comunicato all’Italia un ricorso presentato dall’Avv. Giulia Borgna dello Studio S&P, unitamente al Prof. Avv. Bruno Nascimbene, nell’interesse di una cittadina italiana (Case no. 203/2023).

La vicenda trae origine dalla drammatica uccisione del figlio minore della ricorrente, per mano del padre ed ex compagno, nel corso di un incontro protetto presso gli uffici della ASL di un Comune del nord Italia cui il minore era stato affidato. L’estremo gesto si inseriva nell’ambito di un più ampio contesto di vessazioni e violenze subite dalla donna e dal figlio per opera dello stesso individuo.

Il lungo procedimento penale avviato a seguito della denuncia-querela presentata dall’assistita contro un educatore, un’assistente sociale e una psicologa, si concludeva con l’assoluzione dei tre imputati.

Pertanto, in data 17 febbraio 2022 il team legale composto dal Prof. Avv. Bruno Nascimbene e dall’Avv. Giulia Borgna dello Studio S&P, con la collaborazione dell’Avv. Beatrice Distort, presentava al Comitato CEDAW una comunicazione ai sensi dell’art. 2 del Protocollo opzionale della Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne denunciando, in particolare, la violazione degli artt. 2, 5 e 16 della Convenzione.

Segnatamente, la ricorrente lamenta una violazione dell’articolo 2, lett. a)f) CEDAW per il mancato intervento delle autorità nazionali – con la dovuta diligenza e prontezza – al fine di prevenire, così come indagare, perseguire e punire le violenze subite dalla stessa e dal figlio, nonché di proteggerli dalle minacce alle loro vite perpetrate dall’ex compagno e culminate nella tragica uccisione del minore. Il motivo di ricorso si focalizza, in particolare, sugli aspetti inerenti alla discriminazione di genere insiti nelle omissioni e carenze imputabili alle autorità statali.

In aggiunta, l’assistita lamenta una violazione degli articoli 2, lett. d) e f), 5, lett. a) e 16, co. 1 CEDAW, poiché le determinazioni relative alla custodia del figlio e al regime di visita non hanno tenuto conto del superiore interesse del minore, ma si sono basate su stereotipi in merito alla supposta inattendibilità delle opinioni della donna, al padre come genitore premuroso e non anche violento, e all’opportunità di un contatto a tutti i costi tra padre e figlio, approccio che ha indotto i tribunali nazionali a sottostimare il (pur ampiamente prevedibile) rischio di violenza.

Nei prossimi sei mesi il Governo italiano potrà presentare le sue osservazioni in punto di ammissibilità e merito della comunicazione, alle quali il team legale che assiste parte ricorrente potrà far seguire le proprie repliche.

Foto di Mariya da Pixabay

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