Ergastolo ostativo in Albania: la Corte europea apre il contraddittorio

Con provvedimento del 30 novembre 2021, pubblicato il 20 dicembre 2021, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dato il via all’esame in contraddittorio del ricorso presentato nell’ottobre 2019 da un cittadino albanese per lamentare la violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo in relazione al regime di detenzione perpetua dell’ergastolo cd. ostativo.

In evidente controtendenza rispetto a quanto accade nella maggioranza dei paesi europei, compresa l’Italia, ove le più recenti pulsioni garantistiche, anche di matrice convenzionale, hanno innescato una discussione tesa, se non ancora al definitivo superamento, quantomeno ad un contenimento della pena dell’ergastolo, in Albania si è assistiti negli ultimi ad un disinvolto processo di inasprimento delle preclusioni all’accesso ai benefici penitenziari.

A seguito delle modifiche all’art. 65 del codice penale albanese introdotte dalla legge n. 36 del 2017, i soggetti condannati alla pena dell’ergastolo possono ora accedere alla liberazione condizionale soltanto in “circostanze eccezionali”, a condizione che abbiano scontato almeno 35 anni di reclusione (e non più 25, come prima) e che abbiano tenuto una condotta esemplare durante l’espiazione della pena. In ogni caso, recita la norma, la liberazione condizionale non può essere concessa ai soggetti condannati per taluni reati, fra cui l’omicidio aggravato e quello commesso in danno di pubblici ufficiali.

Inoltre, per effetto del novellato art. 64 del codice penale, dall’accesso al beneficio sono altresì esclusi i recidivi.

In questo stadio della procedura, il Governo albanese sarà chiamato a rispondere agli articolati quesiti formulati dalla Corte europea, fra cui quello se possano dirsi sufficientemente prevedibili i requisiti per l’accesso alla liberazione condizionale e quello, in termini più generali, circa la compatibilità del regime dell’ergastolo ostativo con l’art. 3 CEDU che sancisce il divieto di trattamenti inumani e degradanti.

La eccezionale celerità con la quale la Corte ha ritenuto di dare seguito alle istanze avanzate dal ricorrente conferma la rilevanza delle questioni sollevate nel presente ricorso, il quale costituisce il primo caso in cui la Corte è chiamata ad esprimersi sul regime del fine pena mai “all’albanese”.

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Fonte immagine: il Giornale.it

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