Foro compente per il risarcimento dei danni cagionati a mezzo internet

Il 16 settembre 2021, l’Avvocato Generale Hogan ha presentato le proprie conclusioni nella causa C-251/20, pendente dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, alla quale, in data 10 giugno 2020, la Cour de Cassation francese ha sottoposto domanda di pronuncia pregiudiziale in relazione all’individuazione del foro competente a conoscere delle azioni di risarcimento del danno causato dalla diffusione di frasi denigratorie a mezzo Internet ai sensi della normativa e giurisprudenza eurounitarie.

Nella specie, il procedimento dinanzi alle autorità giurisdizionali francesi era stato avviato dalla Gtflix Tv, società di produzione e distribuzione di programmi televisivi per adulti con sede in Repubblica Ceca, al fine di ottenere la rettifica e la rimozione di contenuti di asserito carattere denigratorio, nonché il risarcimento dei danni morali ed economici causati dalla loro diffusione su diversi siti internet e forum da parte di DR, regista, produttore e distributore di film pornografici, domiciliato in Ungheria.

In particolare, la società attrice aveva adito il Tribunale di primo grado di Lione, in Francia, il quale, accogliendo l’eccezione sollevata dal convenuto, aveva dichiarato la propria incompetenza.

Lo stesso era avvenuto nel giudizio di appello, svoltosi dinanzi alla Corte d’appello di Lione.

La Cour de Cassation francese aveva, invece, sospeso il procedimento e sottoposto alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale: “Se le disposizioni dell’articolo 7, punto 2, del regolamento (UE) n. 1215/2012 debbano essere interpretate nel senso che la persona che, ritenendo lesi i propri diritti a causa della diffusione di frasi denigratorie su Internet, agisca contemporaneamente sia ai fini della rettifica dei dati e della rimozione dei contenuti sia a fini di risarcimento dei danni morali ed economici che ne derivano può chiedere, dinanzi ai giudici di ciascuno Stato membro sul cui territorio il contenuto messo in rete è o è stato accessibile, il risarcimento dei danni cagionati nel territorio di tale Stato membro, conformemente alla sentenza eDate Advertising (punti 51 e 52) [sentenza della Corte del 25 ottobre 2011, cause riunite C-509/09 e C-161/10], o se, in applicazione della sentenza Svensk Handel (punto 48) [sentenza della Corte del 17 ottobre 2017, causa C-194/16], essa debba presentare tale domanda di risarcimento dinanzi al giudice competente a ordinare la rettifica dei dati e la rimozione dei commenti denigratori.

L’art. 7, punto 2, del Regolamento UE n. 1215/2012 prevede che – in deroga al principio della competenza generale dei giudici del domicilio del convenuto – in materia di illeciti civili dolosi o colposi, una persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro possa essere convenuta dinanzi all’autorità giurisdizionale del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire.

Pertanto, in base all’interpretazione di tale disposizione consolidatasi nella giurisprudenza della Corte di giustizia, nei casi di lesione dei diritti della personalità arrecata attraverso mezzi di comunicazione di massa, il soggetto diffamato può agire per il risarcimento della totalità dei danni subiti – oltre che dinanzi al giudice del domicilio del convenuto – sia dinanzi al giudice dello Stato membro del luogo di stabilimento di colui che ha immesso i contenuti in rete (ossia il luogo in cui si è verificato il fatto generatore dell’evento dannoso) sia dinanzi al giudice del luogo in cui gli effetti dannosi si sono manifestati concretamente, identificato, nei casi di diffamazione transnazionale a mezzo internet, nel luogo in cui l’asserita vittima possiede il proprio centro di interessi (cfr. Corte di Giustizia UE, cause riunite eDate Advertising GmbH c. X, C-509/09, e Olivier Martinez e Robert Martinez c. MGN Limited, C-161/10, 25 ottobre 2011).

Sulla base di un principio di ripartizione di competenze già enunciato nella sentenza Shevill, la Corte di giustizia ha inoltre statuito che l’attore è altresì legittimato a proporre un’azione di risarcimento danni dinanzi al giudice di ciascuno Stato membro nel cui territorio il contenuto diffamatorio pubblicato in rete sia (o sia stato) accessibile, limitatamente, tuttavia, al danno cagionato in tale territorio. Tale regola di competenza viene qualificata come “approccio a mosaico”, in quanto tutti i giudici degli Stati membri in cui il contenuto controverso è o è stato accessibile sono competenti a pronunciarsi sul danno causato nei rispettivi territori nazionali (cfr. Corte di Giustizia UE, causa Fiona Shevill e altri c. Presse Alliance SA., C-68/93, 7 marzo 1995; Corte di Giustizia UE, causa eDate, § 51).

Nella causa Bolagsupplysningen e Ilsjan c. Svensk Handel AB, la Corte ha altresì chiarito che una domanda di rettifica o rimozione di commenti pubblicati in rete può essere esclusivamente proposta dinanzi agli stessi giudici che hanno competenza a conoscere delle domande di risarcimento per la totalità dei danni subiti in conseguenza della pubblicazione, e non anche ai giudici di ciascuno Stato membro nel cui territorio i contenuti controversi siano accessibili – competenti, come appena rilevato, a conoscere del solo danno cagionato nei rispettivi territori nazionali – in quanto, tenuto conto “dell’ubiquità dei dati e dei contenuti messi in rete su un sito Internet e del fatto che la portata della loro diffusione è in linea di principio universale […], una domanda diretta alla rettifica dei primi e alla rimozione dei secondi è una e indivisibile” (cfr. Corte di giustizia UE, causa Bolagsupplysningen e Ilsjan c. Svensk Handel AB, C-194/16, 17 ottobre 2017, § 48).

In tale contesto, la Cour de Cassation francese si chiede se, tenuto conto delle ragioni addotte dalla Corte di giustizia per giustificare, nei casi in cui venga proposta una domanda di rimozione o rettifica di contenuti controversi, la competenza esclusiva dei soli giudici competenti a conoscere della totalità dei danni risarcibili, non sarebbe opportuno riconoscere anche la competenza esclusiva di questi stessi giudici in materia di risarcimento dei danni cagionati dalla pubblicazione di tali contenuti, abbandonando, pertanto, l’approccio a mosaico anche in relazione alle domande di risarcimento.

L’Avvocato Generale Hogan, nelle conclusioni recentemente depositate, ritiene che tale abbandono corrisponderebbe ad un ribaltamento della giurisprudenza comunitaria ad oggi consolidata, che apparirebbe ingiustificato alla luce delle caratteristiche (pur in parte problematiche) presentate da tale criterio di ripartizione di competenze. A suo parere, infatti, non colgono nel segno – per vari ordini di motivi – gli argomenti presentati a favore di un revirement in materia, ossia, in particolare, le specificità di internet e la conseguente natura ubiquitaria dei contenuti pubblicati in rete, il rischio di frammentazione delle domande fra le autorità giurisdizionali, e la possibile incentivazione di strategie di uso della giustizia a scopo vessatorio.

In primo luogo, la natura ubiquitaria dei contenuti postati in rete non rappresenta una novità rispetto alla giurisprudenza eurounitaria già consolidata in materia.

In secondo luogo, non può sostenersi che l’instaurazione di procedimenti paralleli nei diversi Stati membri dell’Unione ponga problemi di coordinamento in quanto ogni giudice adito, in applicazione delle norme nazionali relative alla diffamazione, potrà dichiarare la propria competenza soltanto ove consideri il contenuto controverso accessibile all’interno dello Stato e, in ogni caso, solo nella misura in cui l’accessibilità di tale contenuto abbia effettivamente cagionato un danno nel proprio territorio nazionale.

Inoltre, in relazione al rischio di azioni strategiche proponibili dall’attore a scopo meramente vessatorio, diverse appaiono le strategie difensive a disposizione dei convenuti per tutelarsi, quali, a titolo esemplificativo: i) la proposizione di una domanda di accertamento negativo dinanzi ad uno dei giudici competenti a pronunciarsi sulla totalità del danno asseritamente causato, con la conseguenza che qualsiasi altro giudice dell’Unione sarebbe, per l’effetto, automaticamente privato della competenza a conoscere del danno verificatosi esclusivamente nel proprio territorio nazionale; ii) la richiesta di sospensione del procedimento o, ancora, iii) la richiesta di respingimento della domanda attorea in ragione della connessione tra le cause, qualora questa renda opportuna un’unica trattazione e decisione.

In terzo luogo, non pare che l’approccio a mosaico si ponga in contrasto con gli obiettivi del regolamento UE n. 1215/2012.

Anzitutto, per quanto concerne l’obiettivo della certezza del diritto, ossia la ragionevole prevedibilità del foro in cui si possa essere convenuti, occorre rilevare come chiunque abbia pubblicato il contenuto asseritamente diffamatorio a mezzo Internet possa attendersi di essere convenuto dinanzi alle autorità giurisdizionali di tutti gli Stati membri in cui i contenuti in questione risultino accessibili.

Per quanto concerne l’obiettivo della buona amministrazione della giustizia, la Corte ha statuito che l’individuazione di una pluralità di fori competenti non costituisce un ostacolo al raggiungimento dell’obiettivo, purché il criterio utilizzato individui la competenza del giudice che si trova nella migliore posizione per valutare il danno verificatosi, per ragioni di prossimità alla controversia e di facilità nell’assunzione delle prove (cfr. Corte di giustizia UE, causa Tibor-Trans Fuvarozó és Kereskedelmi Kft. c. DAF TRUCKS N.V., C-451/18, 29 luglio 2019; Corte di giustizia UE, causa AMS Neve Ltd e altri c. Heritage Audio SL e Pedro Rodríguez Arribas, C-172/18, 5 settembre 2019, §§ 56-57).

Per di più, l’impiego di uno degli altri criteri che assegnerebbero ad un giudice la competenza a conoscere della totalità del danno risarcibile, oltre che a ordinare la rettifica dei dati e la rimozione dei contenuti asseritamente diffamatori, non parrebbe condurre a risultati maggiormente soddisfacenti sotto il profilo della valutazione del carattere diffamatorio del contenuto e del danno da esso derivante. Oltre alle divergenze culturali esistenti nella percezione dei contenuti controversi all’interno dei diversi Stati dell’Unione, infatti, anche il fatto che le norme in materia di diffamazione non siano attualmente armonizzate costituisce elemento a favore del mantenimento dell’approccio a mosaico. Infatti, qualora il giudice di un solo Stato membro risultasse competente a pronunciarsi sulla totalità dei danni, inclusi quelli cagionati nei territori di altri Stati membri, questi si troverebbe a dover applicare il diritto di ciascuno di tali Stati per pronunciarsi sulla risarcibilità di ogni danno in essi causato, con tutte le problematiche conseguenze che ne derivano.

Infine, prima di abbandonare completamente l’approccio a mosaico, una soluzione meno drastica consisterebbe nell’applicazione, in combinazione con tale principio di ripartizione delle competenze, di un aggiuntivo “criterio della destinazione”, valorizzante la specifica destinazione del contenuto al territorio di uno Stato membro.

Oltre a tali ragioni di carattere generale, la causa in questione non rappresenterebbe, in ogni caso, la giusta occasione per la Corte per prendere posizione sull’approccio a mosaico, in quanto: i) la società attrice non ha agito ai sensi della normativa in materia di diffamazione, bensì di quella dettata in materia di concorrenza sleale; ii) in tale settore, la Corte di giustizia ha statuito che la competenza a conoscere della risarcibilità del danno, ai sensi dell’art. 7 (2), è quella dell’autorità giurisdizionale dello Stato in cui si trova il mercato interessato dalla condotta anticoncorrenziale, identificato quale luogo in cui il danno si è concretizzato.

Nel presente caso, conclude l’Avvocato generale, non pare dunque opportuno abbandonare l’approccio a mosaico. Deve ritenersi, pertanto, che la società attrice possa agire dinanzi ai giudici di uno Stato membro all’interno del quale i contenuti controversi siano o fossero accessibili, tanto ai fini della rettifica dei dati e della rimozione dei contenuti, quanto ai fini del risarcimento del danno causato in tale territorio, essendo tuttavia la stessa tenuta a dimostrare che in quella giurisdizione si trova il mercato interessato dalla condotta anticoncorrenziale, secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza eurounitaria in materia.

In particolare, la società deve provare di avere, in quel territorio, un numero apprezzabile di consumatori che abbiano potuto avere verosimilmente accesso al contenuto controverso ed averlo compreso.

Dott.ssa Marie-Sophie Mourguet

Fonte immagine: sito web deQuo

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