Il Tribunale di Roma riconosce la protezione sussidiaria ad un cittadino maliano

Con decreto del 25 febbraio 2021, il Tribunale di Roma, Sezione specializzata in materia di diritti della persona ed immigrazione, ha accolto il ricorso proposto da un richiedente asilo di nazionalità maliana, avverso la decisione della Commissione territoriale di Roma (ex Latina), che gli aveva negato il riconoscimento dello status di rifugiato e di forme complementari di protezione.

Nello specifico, pur non ravvisando nei fatti riferiti dal ricorrente profili di persecuzione diretta e personale per alcuna delle ragioni prese in considerazione dalla Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati (razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica), il giudice territoriale ha accordato al ricorrente il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi della lett. c) dell’art. 14 del d.lgs. n. 251/2007.

Dopo aver richiamato i presupposti legittimanti il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi della normativa europea e nazionale, nella interpretazione fornitane dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e dalla Corte di cassazione, con particolare riguardo al carattere non necessariamente “individuale” della minaccia grave alla vita o alla persona che deve interessare il richiedente (cfr. CGUE, sentenza del 17 febbraio 2009, C-465/07, Elgafaji; Cass., Sez. 6 – 1, ordinanza n. 16202 del 30 luglio 2015), il Tribunale ha constatato che, alla luce delle più accreditate fonti internazionali, in Mali sussiste, allo stato, una situazione di violenza generalizzata, tale per cui un civile rientrato nel paese in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia.

In particolare, la situazione di pericolo generalizzato, già da tempo sussistente in Mali a causa dei frequenti scontri fra gruppi terroristici, milizie armate e forze governative, si è ulteriormente aggravata negli ultimi mesi, fino a culminare nel colpo di Stato del 18 agosto 2020, che ha costretto il presidente Ibrahim Boubacar Keïta a dimettersi per evitare ulteriori indiscriminate violenze ai danni della popolazione.

La pronuncia in esame si inserisce nel solco della più recente giurisprudenza di merito, secondo la quale la situazione di diffusa instabilità politica e di violenza generalizzata in Mali, che giustifica il riconoscimento della protezione sussidiaria, concerne l’intero Paese, ivi compresa la regione di Kayes e le altre province del Sud, essendo non più attuale la distinzione, fatta propria dal precedente orientamento maggioritario, fra territori del Nord, interessati dall’insurrezione di matrice terroristica, e zone del Centro e del Sud, compresa la capitale Bamako, pacificate o in via di pacificazione, posto che nel contesto di peggioramento generale della situazione della sicurezza, anche Kayes e Bamako non sono esenti da fenomeni di terrorismo, banditismo e crimini (cfr., ad esempio, Corte di appello di Torino, Sez. IV, sentenza n. 89/2021 del 14.12.2020; Corte di appello di Roma, sentenza n. 6043/2020 del 30.11.2020).

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Immagine: militari maliani a Bamako, 18 agosto 2020 (EPA/MOUSSA KALAPO)

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