Londra rifiuta MAE italiano per mancato rispetto di garanzie fondamentali

Con una decisione del 31 dicembre 2020, il giudice distrettuale Snow della Westminister Magistrates’ Court di Londra ha rigettato un mandato di arresto europeo spiccato dall’autorità giudiziaria italiana per l’esecuzione di una sentenza definitiva resa nel 2013 dal Tribunale di Roma a carico di un soggetto avente doppia cittadinanza etiope ed italiana condannato a 4 anni ed 8 mesi di reclusione per i reati di maltrattamenti contro familiari, violazione degli obblighi di assistenza familiare e violenza sessuale, commessi a partire dal 2006.

Il giudice londinese ha ritenuto che le autorità italiane abbiano omesso di informare adeguatamente l’imputato circa la più grave delle imputazioni che gli era stata contestata nel processo penale, quella concernente il reato di violenza sessuale. Ciononostante, le autorità italiane, dichiarata la contumacia dell’imputato, hanno condotto il processo penale in sua assenza, condannandolo per tutti i reati ascrittigli.  Stante il difetto di informazione dell’imputato circa l’imputazione per il reato di violenza sessuale, il giudice Snow ha sostenuto che non potesse ritenersi che il soggetto richiesto si fosse deliberatamente sottratto al processo e, pertanto, ha rifiutato la consegna in relazione a tale fattispecie criminosa.

Nel raggiungere le proprie conclusioni, il giudice londinese:

  • ha ritenuto prive di pregio le argomentazioni sostenute dalle autorità italiane, secondo cui vi sarebbe stato un nesso sufficiente tra l’imputazione per il reato di maltrattamenti in famiglia – della quale l’imputato era a conoscenza e rispetto alla quale aveva effettuato l’elezione di domicilio – e quella per il reato di violenza sessuale, nesso asseritamente idoneo a far ritenere che l’imputato si fosse deliberatamente sottratto al processo in relazione ad entrambi i reati;
  • ha accolto integralmente le conclusioni contenute nel parere scritto reso dal Prof. Andrea Saccucci in qualità di esperto relativamente al mancato rispetto di talune garanzie fondamentali nell’ambito del processo svoltosi in Italia.

In relazione al reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la consegna è stata rifiutata in ragione del difetto del requisito della doppia incriminazione.

Infine, in relazione al reato di maltrattamenti contro familiari, il giudice Snow ha ritenuto che la consegna del soggetto richiesto avrebbe violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare di cui all’articolo 8 CEDU, in considerazione della giovane età dei figli dello stesso nonché delle loro precarie condizioni di salute.

La pronuncia in questione, avverso la quale la Procura britannica ha già comunicato di non proporre impugnazione, pone in evidenza un profilo critico dell’ordinamento italiano che potrebbe in futuro indurre anche altri Stati a rifiutare la consegna esecutiva all’Italia di un soggetto che sia stato condannato in via definitiva per un reato commesso successivamente all’elezione del domicilio per le notificazioni ai sensi dell’art. 161 c.p.p. (all’esito di un processo penale svoltosi secondo il rito della contumacia vigente anteriormente alla riforma del 2014).

In effetti, la giurisprudenza della Corte di cassazione ha ammesso che l’invito a dichiarare domicilio per le notificazioni non ha la finalità di rendere edotto l’imputato dell’accusa a suo carico bensì assolve al più limitato scopo di facilitare le successive comunicazioni tra l’autorità giudiziaria e l’imputato stesso e dunque ha effetto in relazione ad un determinato procedimento penale indipendentemente dal fatto che al primo reato se ne aggiungano altri oggetto di contestazioni suppletive (Cass., Sez. II pen., 21.5.2014, n. 36103) ovvero che al procedimento originario vengano successivamente riuniti altri per connessione (Cass., Sez. II pen., 5.11.2015, n. 7188).

Tuttavia, il giudice inglese ha ritenuto che l’elezione di domicilio effettuata anteriormente alla commissione del reato non possa considerarsi come sintomatica di una presunzione di conoscenza del processo penale da parte dell’imputato e di una sua conseguente libera scelta di non partecipare allo stesso.

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