S&P vince a Strasburgo nel caso dell’ex Ilva

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha reso la sua prima sentenza sulla questione dell’inquinamento prodotto dallo stabilimento siderurgico dell’ex Ilva di Taranto ai danni della popolazione residente, accogliendo il ricorso proposto dallo Studio S&P, con l’avv. prof. Andrea Saccucci e l’avv. Roberta Greco (cfr. Corte edu, Cordella e altri e Lina Ambrogi Melle e altri c. Italia, 24 gennaio 2019).

La Corte infatti ha accertato la violazione da parte dell’Italia dell’art. 8 (“diritto al rispetto della vita privata e familiare”) e dell’art. 13 (“diritto a un rimedio effettivo”) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), in quanto le autorità italiane hanno omesso di adottare le misure necessarie, rispettivamente, a tutelare la salute dei cittadini dagli effetti pregiudizievoli delle emissioni nocive del siderurgico ed a predisporre rimedi effettivi per ottenere la bonifica dell’area coinvolta dall’inquinamento.

La Corte ha rilevato che le autorità nazionali non hanno adottato misure efficaci volte a ridurre l’inquinamento, ed anzi hanno rimandato l’esecuzione del piano ambientale − tuttora inattuato − al 2023. In particolare, il Governo italiano è intervenuto a più riprese – attraverso i c.d. decreti “salva-Ilva” – al fine di consentire la prosecuzione dell’attività dell’acciaieria, anche in spregio delle decisioni della magistratura, e ha persino garantito l’immunità dalla giurisdizione penale e amministrativa ai commissari straordinari e ai futuri acquirenti o affittuari dell’Ilva.

La Corte europea, da ultimo, ha sottolineato l’urgenza di adottare misure specifiche per dare esecuzione al piano di risanamento ambientale approvato dalle autorità nazionali al fine di salvaguardare l’ambiente e la salute dei cittadini.

 

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