Udienza in Corte UE su trust e congelamento dei beni

L’8 maggio 2025, si è svolta, dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, l’udienza pubblica nella causa C-483/23, avente ad oggetto il rinvio pregiudiziale disposto dal TAR Lazio con ordinanza n. 6256/2023.

La questione trae origine da un provvedimento di congelamento adottato dal Comitato di sicurezza finanziaria (responsabile per l’attuazione delle misure restrittive ai sensi del d.lgs. n. 109/2007) nei confronti di quattro società italiane interamente controllate da una holding bermudiana, a sua volta conferita in un trust discrezionale irrevocabile, costituito ben prima dell’adozione della normativa sanzionatoria europea da una persona fisica (in qualità di settlor) poi inserita nell’Allegato I del Regolamento (UE) n. 269/2014, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina.

La causa rappresenta il primo rinvio pregiudiziale relativo all’interpretazione dei presupposti per l’applicazione delle misure di congelamento dei beni nei confronti di entità non-designate e riguarda, in particolare, la portata dei concetti di “appartenenza”, “controllo” e “associazione” richiamati nell’art. 2, par. 1, del Regolamento (UE) n. 269/2014. Analoghi quesiti interpretativi, attualmente sottoposti all’esame della Corte di giustizia nelle cause riunite C-428/24 e C-476/24, sono stati formulati dal TAR Lazio con riferimento alla diversa ipotesi in cui una persona designata risulti essere il beneficiario di un trust discrezionale.

Nel corso dell’udienza sono intervenuti, oltre ai difensori delle parti ricorrenti nel giudizio nazionale, i rappresentanti dell’Italia, del Belgio, della Germania e della Commissione europea.

In particolare, le società ricorrenti hanno sottolineato che il congelamento automatico dei beni del trust in ragione del solo fatto che il suo settlor sia una persona designata porrebbe seri rischi per l’operatività e la stessa esistenza di tale istituto giuridico, come peraltro recentemente affermato da autorevole dottrina (A sanctioned action?, Paolo Panico, STEP Journal, 21 marzo 2025).

Al contrario, le regole generali di interpretazione del diritto unionale impongono una valutazione caso per caso, da svolgersi sulla base delle concrete modalità di funzionamento del singolo trust e della normativa applicabile. D’altronde, laddove sia dimostrato che il settlor non abbia alcun potere sui beni del trust e che non possa trarre da questi alcun beneficio, l’applicazione indiscriminata del congelamento sulla base di un’interpretazione eccessivamente ampia delle nozioni di “appartenenza” e “controllo” non solo non supporterebbe in alcun modo la migliore realizzazione degli scopi delle misure restrittive, ma si porrebbe anche in contrasto con i principi di certezza del diritto e di proporzionalità.

Dunque, un simile trust non può essere trattato come strumento di elusione, ma rappresenta esso stesso un efficace strumento di separazione dei beni dalla persona designata.

Inoltre, è stato evidenziato che, al fine di applicare le misure di congelamento sui beni delle società italiane, tali società avrebbero dovuto essere anch’esse listate dal Consiglio dell’Unione europea, trattandosi di entità giuridicamente autonome rispetto alle quali la persona designata non ha alcun legame né può vantare interessi proprietari.

Analogamente, per quanto riguarda il criterio della “associazione”, le parti ricorrenti hanno osservato che il congelamento dei beni di una persona “associata” è possibile soltanto se il Consiglio ha inserito anche il suo nominativo nell’Allegato I.

Sul fronte opposto, l’Italia, il Belgio e la Commissione europea, invocando una lettura particolarmente ampia dei criteri di collegamento di cui all’art. 2, par. 1, hanno sostenuto che i beni del trust resterebbero in ogni caso legati al settlor.

Ad avviso dell’Italia, il solo fatto che i beni siano stati apportati al trust dal soggetto designato è sufficiente a fondare un legame di appartenenza o almeno di “associazione” con il settlor in quanto il trustee, pur non essendo designato, agirebbe per fini conformi alla volontà originaria del settlor.

Il Belgio ha rincarato la dose, definendo i trusts come strumenti storicamente utilizzati per fini elusivi e ha invocato la necessità di ricorrere a presunzioni ampie per evitare che le sanzioni vengano vanificate da strutture societarie complesse come i trusts.

La Commissione europea, pur riconoscendo la necessità di una valutazione caso per caso, ha sostenuto che il settlor resta comunque “titolare effettivo” dei beni del trust ai sensi della normativa antiriciclaggio, il che legittimerebbe il congelamento dei beni delle società italiane.

Più garantista, invece, la posizione della Germania, secondo cui non possono essere congelati i beni di società che non siano a loro volta listate e, comunque, il congelamento è ammissibile solo in presenza di un accertamento specifico, da svolgersi caso per caso, che dimostri che tali beni sono appartenenti a o controllati da una persona designata.

Durante l’udienza, i giudici hanno posto una serie di domande alle parti, con l’obiettivo di chiarire i contorni applicativi dell’art. 2, par. 1.

È stata richiamata l’attenzione sulla disomogeneità esistente tra i diversi ordinamenti dell’Unione. Infatti, mentre alcuni Stati, come l’Italia, riconoscono pienamente il trust sulla base della Convenzione dell’Aia del 1985, altri non lo contemplano affatto, il che rischia di compromettere l’efficacia e la coerenza dell’azione sanzionatoria europea.

Sul merito dei quesiti pregiudiziali, il collegio giudicante si è concentrato soprattutto sulla nozione di “controllo”: deve trattarsi di un “controllo” potenziale e ipotetico oppure attuale e concreto? Qual è l’intensità del controllo richiesta in caso di trust, anche tenuto conto delle diversità che possono sussistere tra i singoli trusts?

Nel complesso, i giudici hanno evidenziato l’importanza di delineare una cornice giuridica coerente, in grado di salvaguardare sia l’efficacia delle sanzioni europee sia i principi fondamentali dello Stato di diritto.

L’avvocato generale ha annunciato il deposito delle proprie conclusioni per il prossimo 10 luglio 2025. La sentenza della Corte è attesa entro la fine del 2025.

In udienza, le società ricorrenti sono state rappresentate dall’Avv. Prof. Andrea Saccucci, dall’Avv. Prof. Francesco Centonze e dall’Avv. Fabrizio Ciancio, assistiti dall’Avv. Lodovica Beduschi, dall’Avv. Roberta Barberini, dall’Avv. Sabina Puggioni, dal Dott. Andrea Guglielmo Pappalardo e dalla dott.ssa Sofia Martina Forni.

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