Con sentenza del 6 maggio 2025 pronunciata sul ricorso n. 52854/18, L.F. e altri c Italia, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha accolto il ricorso presentato dallo Studio S&P nell’interesse di 153 cittadini residenti nella Valle dell’Irno in Campania in relazione al grave inquinamento prodotto dallo stabilimento industriale “Fonderie Pisano”. In particolare, la Corte ha condannato lo Stato italiano per violazione dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), che tutela il diritto al rispetto della vita privata e familiare, per l’omessa adozione di tutte le misure necessarie ad assicurare la protezione effettiva della salute dei ricorrenti dalle emissioni gravemente nocive prodotte dalle fonderie.
Originariamente classificata come zona industriale nel 1963, l’area in questione era stata successivamente destinata ad uso residenziale nel 2006, subordinatamente alla delocalizzazione della fonderia, che tuttavia non è mai avvenuta. L’impianto ha continuato ad operare, nonostante il nuovo assetto urbanistico e le evidenze scientifiche che ne hanno confermato l’impatto nocivo sull’ambiente e sulla salute della popolazione. In particolare, lo studio epidemiologico SPES (“Studio di Esposizione nella Popolazione Suscettibile”) e le analisi condotte sui residenti hanno rilevato concentrazioni di metalli pesanti notevolmente superiori alla media e hanno dimostrato la riconducibilità degli effetti dell’inquinamento sulla popolazione all’attività della fonderia (§§ 121 e 166 della sentenza).
La Corte ha rilevato che, tra il 2008 e il 2016, lo stabilimento ha prodotto gravi forme di inquinamento, senza che la popolazione interessata sia stata adeguatamente informata dei rischi connessi alla permanenza in quell’area (§ 161). Inoltre, ha osservato che, nonostante la classificazione dell’area come urbana, tra il 2008 e il 2016 le autorità italiane non hanno adottato misure efficaci per tutelare il diritto dei ricorrenti al rispetto della vita privata (§ 162). Con riguardo al periodo successivo al 2016, la Corte ha ritenuto che gli sforzi compiuti per ridurre l’impatto ambientale della fonderia siano stati insufficienti a compensare l’esposizione prolungata subita dalla popolazione locale (§ 165) ed ha pertanto concluso che le autorità italiane hanno mancato di operare un adeguato bilanciamento tra gli interessi in gioco, venendo meno agli obblighi positivi di protezione derivanti dall’art. 8 CEDU (§§ 170-171).
In via preliminare, la Corte ha deciso di trattare le doglianze dei ricorrenti solamente dal punto di vista dell’art. 8 CEDU, non ritenendo invece necessario esaminarle separatamente anche dal punto di vista dell’art. 2 CEDU, che tutela il diritto alla vita (§§ 108-109), e ciò essenzialmente in ragione del criterio distintivo enunciato per la prima volta nella sentenza del 30 gennaio 2025, Cannavacciuolo e altri c. Italia, relativa alla “Terra dei Fuochi”, secondo il quale la protezione dell’art. 2 CEDU non scatterebbe nei casi concernenti “una singola, identificata e circoscritta fonte di inquinamento o un’attività che la causa, e una più o meno limitata area geografica”. La ragionevolezza di un siffatto criterio distintivo, fondato sulle modalità di produzione dell’inquinamento e sull’estensione geografica dei suoi effetti, è alquanto opinabile come puntualmente rilevato dal Giudice Serghides nella sua opinione parzialmente dissenziente (“one may wonder: does it really matter whether the present environmental case concerned ‘a single, identified, circumscribed source of pollution or activity causing it, and a more or less limited geographical area’ (…)? The fact that alleged violations of different Articles of the Convention stem from a common factual source cannot, in itself, justify examining the complaints exclusively under a single provision”).
Inoltre, pur avendo riconosciuto che la prolungata esposizione dei ricorrenti alle sostanze nocive prodotte dalla fonderia li aveva resi maggiormente vulnerabili a varie patologie potenzialmente letali, la Corte ha concluso che non vi fosse prova “certa” che l’inquinamento della fonderia avesse cagionato i danni alla salute specificamente lamentati da alcuni di essi ricorrenti (§ 118). Anche questa conclusione non sembra condivisibile non soltanto alla luce della documentazione prodotta in giudizio (fra cui la consulenza tecnica menzionata al § 8 della sentenza), ma anche in considerazione del diverso orientamento che si è ormai affermato nella giurisprudenza della Corte interamericana dei diritti umani (cui la stessa Corte ha fatto riferimento nel caso Cannavacciuolo, § 185), secondo il quale, nel caso di gravi e diffuse forme di inquinamento, il nesso di causalità deve essere valutato in modo più flessibile e non è necessario provare “un diretto nesso causale fra la patologia contratta dalle vittime e la loro esposizione agli agenti inquinanti” (cfr. sentenza del 27 novembre 2023, La Oroya Population c. Peru, spec. § 204).
Infine, pur riconoscendo la libertà dello Stato italiano nella scelta dei mezzi per dare esecuzione alla sentenza ai sensi dell’art. 46 CEDU, la Corte ha suggerito l’adozione di una serie di misure generali volte a ripristinare, per quanto possibile, la situazione in cui i ricorrenti si sarebbero trovati se la violazione non si fosse verificata (§ 182), fra cui in particolare un’efficace gestione dei rischi ambientali legati all’attività della fonderia e la sua delocalizzazione, come già previsto dal piano urbanistico comunale del 2006 (§ 183).
La Corte ha liquidato in favore dei ricorrenti l’importo di € 8.700,00, a titolo di refusione delle spese legali, mentre ha ritenuto che l’accertamento di violazione costituisca di per se stesso una forma adeguata di equa soddisfazione per i danni morali subiti dalle vittime, così confermando le conclusioni raggiunte in altri casi analoghi (cfr. sentenza del 19 ottobre 2023, Locascia e altri, § 167, relativa alla gestione dei rifiuti in Campania, e sentenza del 24 gennaio 2019, Cordella e altri c. Italia, § 187, relativa all’inquinamento prodotto dall’acciaieria ex Ilva di Taranto).
Anche tale conclusione è fortemente criticabile tanto più alla luce della diversa posizione assunta dalla Corte nella recentissima sentenza del 30 gennaio 2025, Cannavacciuolo e altri c. Italia, relativa alla “Terra dei Fuochi”, nella quale, invece, avendo riscontrato la violazione dall’art. 2 CEDU (anziché dell’art. 8 CEDU in ragione della non riconducibilità del fenomeno ad una fonte specificamente identificata ed alla sua particolare diffusione sul piano geografico), la Corte si è espressamente riservata di decidere sulle domande di risarcimento del danno presentate dei ricorrenti ai sensi dell’art. 41 CEDU, anche alla luce della “valutazione del Comitato dei Ministri sulla risposta delle autorità alle carenze identificate e alle misure rimediali raccomandate ai sensi dell’art. 46” (§ 508). Anche su questo punto, il Giudice Serghides non ha condiviso la posizione della maggioranza, ritenendo che le sofferenze patite dai ricorrenti per effetti del perdurante e grave inquinamento e per i rischi cui sono esposti meritassero una compensazione monetaria e richiamando, in proposito, alcune sue precedenti opinioni separate nelle quali ha criticato la prassi della Corte di negare qualsiasi forma di ristoro economico in favore delle vittime (in particolare, nell’opinione dissenziente alla sentenza del 26 settembre 2023, Yüksel Yalçınkaya c. Turchia, e nell’opinione parzialmente dissenziente congiunta con il Giudice Felici alla sentenza del 15 marzo 2002, Grzęda c. Polonia [GC], v. Poland [GC]).
Auspicabilmente, tanto la questione relativa all’applicazione dell’art. 2 CEDU quanto la questione relativa all’applicazione dell’art. 41 CEDU nel caso di attività inquinanti su larga scala gravemente nocive per la salute potranno essere oggetto di riesame e migliore definizione da parte della Grande Camera della Corte.
I ricorrenti sono stati assistiti davanti alla Corte dall’Avv. Prof. Andrea Saccucci (managing partner) e dall’Avv. Roberta Greco (senior associate), assistiti dalla dott.ssa Alice Quaranta (trainee) nell’ultima fase del procedimento.
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Rassegna stampa
https://www.lanuovaecologia.it/inquinamento-fonderie-pisano-sentenza-cedu-condanna-italia/
https://www.eunews.it/2025/05/06/fonderie-pisano-italia-cedu/
https://www.ilroma.net/news/campania/849242/fonderie-pisano-la-cedu-condanna-l-italia.html