Nuovo processo penale telematico e eccessivo formalismo

Cominciano a sorgere i primi problemi con riferimento all’uso del procedimento penale telematico.

A parte il cattivo funzionamento del sistema, che ha determinato iniziative da parte dei capi dell’ufficio, che ne hanno sospeso, limitato, ridefinito le modalità operative, sul punto dell’uso del sistema informatico è intervenuta una sentenza della Corte di Cassazione, Sez. I, n. 47557/2024 (data d’udienza 20.11.2024). Questa sentenza ha affrontato un problema particolare, ossia quello dell’uso in ipotesi errato dello strumento telematico da parte dell’avvocato.

Nel caso di specie, l’avvocato avrebbe errato nel deposito telematico dell’impugnazione, avendo inviato l’atto ad un indirizzo di posta elettronica certificata che risultava sbagliato, in quanto non assegnato alla specifica attività che egli, con l’impugnazione, stava esercitando.

Secondo la lettura dell’art. 87-bis, co. 7, del d.lgs. 150/2022, l’erronea indicazione dell’indirizzo di posta elettronica comporta l’inammissibilità dell’impugnazione. Su questo è intervenuta la Corte di Cassazione con un’interpretazione molto rigida, dichiarando l’inammissibilità dell’impugnazione nonostante la Procura generale, nella figura del Sostituto Procuratore, avesse chiesto l’annullamento con rinvio per un nuovo giudizio e nonostante il diverso orientamento giurisprudenziale ribadito dalla sentenza, Sez. VI, n. 4633 del 9.11.2023, depositata nel 2024, con rv. 286056.

Per contrastare questa linea interpretativa, la Corte di Cassazione ha recuperato un precedente delle Sezioni Unite relativo alle misure cautelari (Cass., Sez. un., sentenza 24 settembre 2020, dep. 14 gennaio 2021, n. 1626, ric. Bottari), ritenendo che in materia non ci si possa orientare in modo diverso, perché sarebbe un modo errato con il quale si è presentata la dichiarazione di impugnazione.

In particolare, il diverso orientamento di cui alla richiamata sentenza n. 4633/2023, che valorizzava l’idoneità della notifica al “raggiungimento dello scopo”, non è stato ritenuto “convincente” in quanto si tradurrebbe “in una disapplicazione, di fatto, della sanzione della inammissibilità stabilita dal legislatore”, avendo le Sezioni Unite precisato che il principio del favor impugnationis non può, tuttavia, tradursi nell’attribuzione al diritto vivente di una potestà integrativa della voluntas legis, né quindi consentire l’individuazione di diverse forme di presentazione del ricorso rispetto a quelle volute dal legislatore” e ribadito che, in ogni caso, rimane “a carico del ricorrente il rischio che l’impugnazione, ove presentata ad un ufficio diverso, sia dichiarata inammissibile per tardività, in quanto, escluso comunque che sulla cancelleria incomba l’obbligo di trasmissione degli atti al giudice competente ex art. 582, comma 2, cod. proc. pen., la data di presentazione rilevante ai fini della tempestività è quella in cui l’atto perviene all’ufficio competente a riceverlo

La Corte, con questa sentenza, affronta anche il problema dell’applicabilità dell’art. 568, co. 5, c.p.p., ai sensi del quale, se l’impugnazione è proposta a un giudice incompetente, questi trasmette gli atti al giudice competente. Secondo la Corte di Cassazione, questa previsione, che è estrinsecazione del favor impugnationis, non sarebbe applicabile nel caso di specie, perché una cosa sarebbe l’erronea indicazione del giudice, altro sarebbe l’utilizzazione errata del mezzo di trasmissione.

Si tratta di un’interpretazione estremamente formalistica, che sconfessa in modo plateale il consolidato principio del favor impungationis in una logica sostanziale di deflazione e che sembra definitivamente superare tale principio, che già era entrato in crisi con la sentenza n. 8825/2017, Galtelli, con l’art. 581, co. 1-ter e 1-quater, c.p.p., e con la modifica dell’art. 582 c.p.p., nonostante esso abbia governato tutto il nostro sistema processuale per un lungo periodo di tempo.

Una decisione di questo genere è senz’altro suscettibile di ricorso alla Corte EDU in quanto viziata da eccessivo formalismo e come tale contraria all’art. 6 § 1 CEDU.

Foto di herbinisaac da Pixabay

PROFESSIONISTI COLLEGATI