CEDU: persecuzione in Cina della Chiesa di Dio Onnipotente

Con decisione pubblicata il 18 aprile 2024 all’esito del giudizio instaurato dallo Studio S&P nell’interesse di una richiedente asilo di nazionalità cinese, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto che i fedeli alla Chiesa di Dio Onnipotente (“Church of Almighty God”) sono vittime di persecuzione in Cina e sono pertanto sistematicamente esposti al rischio di subire trattamenti contrari all’art. 3 CEDU.

In particolare, il ricorso aveva ad oggetto la violazione dell’art. 3 CEDU nel suo volet sostanziale, poiché il mancato riconoscimento di qualsivoglia forma di protezione internazionale da parte delle autorità amministrative e giudiziarie italiane esponeva la ricorrente al rischio attuale e concreto di subire tortura e trattamenti inumani e degradanti in caso di rimpatrio, proprio in ragione del suo credo religioso.

A dire della Corte, non solo le autorità nazionali non avrebbero adeguatamente considerato le informazioni rese dalla ricorrente in merito, ma neppure avrebbero consultato l’ampia gamma di fonti internazionali secondo cui “the Church is banned by law in China, the authorities have made repeated attempts at eradicating it and those belonging to the Church risk imprisonment”.

Nel prosieguo della decisione, tuttavia, i giudici di Strasburgo hanno ritenuto infondato il ricorso, ritenendo non sindacabile la valutazione espressa dalle autorità nazionali in punto di inattendibilità della richiedente asilo relativamente alla sua appartenenza al culto.

Eppure, proprio la credibilità della ricorrente era stata oggetto di un manifesto errore di fatto commesso dalla Suprema Corte di cassazione. I giudici di legittimità, infatti, avevano omesso di esaminare la censura afferente al giudizio di non credibilità del narrato, ritenendo (erroneamente) che non fosse stata sollevata nei motivi di ricorso.

Per tale ragione la cliente lamentava altresì la violazione dell’art. 3 CEDU nel suo volet procedurale, giacché la declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione (fondata sul manifesto errore commesso dai giudici italiani) aveva determinato un’omessa indagine da parte delle autorità in merito all’effettivo rischio di subire maltrattamenti in caso di rimpatrio in Cina.

L’errore commesso dai giudici di legittimità è stato peraltro oggetto di un giudizio per revocazione promosso dallo Studio S&P e conclusosi con un’ordinanza pubblicata il 30 aprile 2024, nella quale la Corte di cassazione ha riconosciuto di essere incorsa in una “mera svista” che l’aveva indotta a supporre l’inesistenza di una censura, invero incontestabilmente esistente. Nell’ambito della medesima ordinanza, i giudici di legittimità hanno poi cassato la sentenza emessa dalla Corte d’Appello, rinviando ai giudici di merito per un nuovo giudizio sulla richiesta d’asilo.

In definitiva, quella stessa valutazione di inattendibilità che la Corte europea ha ritenuto di non poter sindacare è stata nel frattempo travolta dalla pronuncia resa dalla Corte di cassazione in sede rescissoria in quanto viziata da errore di fatto, aprendo così la strada ad un nuovo esame nel merito della questione.

Per ulteriori informazioni, contattare lo Studio S&P all’indirizzo email: studio@saccuccipartners.com.

Foto di reenablack da Pixabay

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