Arbitrato UNCITRAL su investimenti in Albania: S&P vince sulla giurisdizione

N.B. Le informazioni riportate nel presente post sono tratte dagli articoli apparsi su Global Arbitration Review e da International Arbitration Reporter

Con lodo del 17 agosto 2021 reso nel caso PCA n. 2018-49, il Tribunale arbitrale composto dagli arbitri Prof. Pierre Mayer (Presidente), Prof. Massimo Benedettelli (co-arbitro) e Gavan Griffith QC (co-arbitro) ha stabilito di avere giurisdizione sulla controversia insorta tra una società agricola italiana – rappresentata dallo Studio S&P – e la Repubblica di Albania – rappresentata da Omnia Strategy. Nel procedimento arbitrale condotto sulla base delle regole UNCITRAL sotto l’egida della Corte permanente di arbitrato, la società italiana lamenta di aver subito l’espropriazione del proprio investimento e un trattamento ingiusto ed iniquo da parte del Governo albanese in violazione delle disposizioni del Trattato bilaterale sulla promozione e la protezione degli investimenti fra l’Italia e l’Albania (“BIT”).

In particolare, il Tribunale ha ritenuto di potersi pronunciare sulle richieste dell’investitore di risarcimento del danno causato dal mancato rispetto degli accordi di “riattivazione” della joint-venture AgriGosë, trattandosi di eventi occorsi dopo l’entrata in vigore del BIT, escludendo le sole richieste relative alle perdite derivanti direttamente dalla revoca della concessione di uso delle terre, avvenuta prima dell’entrata in vigore del BIT nel 1996.

La società italiana deteneva l’83% delle quote di AgriGosë, una joint-venture costituita nel 1993 dall’investitore italiano e da un’azienda agricola di Stato albanese, il cui oggetto imprenditoriale era la coltivazione e commercializzazione di prodotti agricoli. L’accordo di costituzione della joint-venture prevedeva la concessione di 582 ettari di terra ad uso gratuito fino al 2050 nella zona di Kavajë. Nonostante gli ottimi risultati raggiunti dalla joint-venture, il Governo albanese aveva revocato la concessione delle terre prima che avesse termine il primo anno di attività, così impedendone la prosecuzione.

Successivamente, il Governo assunse l’impegno di riattivare pienamente la joint-venture, ma onorò solo parzialmente le sue promosse. Nel 1996, alla joint-venture fu assegnata una nuova concessione su 276 ettari di terre occupate e situate in un diverso distretto, ritenute dall’investitore insufficienti a indennizzarlo della revoca delle terre originarie.

La condotta scorretta e le false rappresentazioni del Governo indussero l’investitore a vendere la propria partecipazione in AgriGosë e a mettere la società italiana in liquidazione volontaria nel 2014.

Nel 2018, la società italiana ha portato la controversia dinanzi ad un tribunale arbitrale sulla base dell’art. 8.2.b del BIT che consente all’investitore di sottoporre ogni disputa insorta con lo Stato ospite riguardo al proprio investimento ad un Tribunale arbitrale ad hoc, effettuando l’arbitrato secondo le regole UNCITRAL.

Il Tribunale arbitrale ha aderito alla richiesta delle parti di biforcare il procedimento per considerare preliminarmente le eccezioni sulla giurisdizione avanzate dall’Albania.

Il Tribunale ha rigettato le censure mosse dall’Albania relativamente alla carenza di giurisdizione ratione temporis basate sull’argomento che il BIT non era ancora entrato in vigore al momento del verificarsi della “reale causa” della controversia, ossia la revoca dei terreni concessi in uso gratuito alla joint-venture. Secondo il Tribunale, la società ricorrente ha chiarito nel corso del procedimento arbitrale che le sue pretese attengono alla “riattivazione” della joint-venture, avvenuta successivamente all’entrata in vigore del BIT.

Ad avviso del Tribunale, la revoca della concessione delle terre avvenuta nel 1994 non sarebbe quindi la reale causa della controversia, relativa invece alle azioni ed omissioni successive all’entrata in vigore del BIT, aventi ad oggetto la mancata riattivazione della joint-venture di cui la società italiana faceva parte prima che il proprio investimento fosse espropriato. Il mancato rispetto dei decreti ministeriali del 1996 e 1998, che prevedevano tale riattivazione, ha dato luogo ad una diversa controversia, successiva all’entrata in vigore del BIT, su cui il Tribunale ha ritenuto di avere piena giurisdizione.

Del pari, con riguardo alla giurisdizione ratione materiae e ratione personae, il Tribunale ha giudicato infondate le eccezioni dell’Albania in quanto non vi era alcuna ragione di dubitare che l’acquisto della partecipazione nella joint-venture “AgriGosë” da parte della società agricola italiana costituisse un investimento ai sensi del BIT dato che: i) tale società aveva indubbiamente versato il proprio contributo nella joint-venture; ii) la partecipazione della società italiana in AgriGosë è stata duratura nel tempo e ha contribuito all’economia dell’Albania; iii) la società italiana non ha detenuto la propria partecipazione nella joint-venture in maniera meramente “passiva”, ma ha contribuito attivamente alla sua creazione.

L’arbitro Gavan Griffith QC, nominato dall’Albania, ha reso un’opinione dissenziente con riguardo alla giurisdizione ratione temporis.

La società italiana è difesa nel procedimento arbitrale da un team dello Studio S&P composto dal Prof. Avv. Andrea Saccucci (managing partner), dall’Avv. Roberta Greco (associate), dall’Avv. Giulia Borgna (partner), dall’Avv. Simona Scipioni (associate), e dalla Dott.ssa Chiara Zaia (trainee lawyer).

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