Con ordinanza n. 2974, pubblicata il 23 dicembre 2020, la Terza Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia ha sollevato questioni di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea attinenti specificatamente all’interpretazione della direttiva 2009/16/CE relativa al controllo delle navi da parte dello Stato di approdo e delle convenzioni internazionali in materia di diritto marittimo, nonché formulato istanza di procedimento accelerato di cui all’art. 105 del Regolamento di procedura.
Le questioni interpretative sollevate ai sensi dell’art. 267 TFUE assumono valore dirimente ai fini della decisione nel merito del giudizio instaurato da Sea Watch, organizzazione umanitaria senza scopo di lucro tedesca, in ordine alla legittimità del provvedimento di fermo amministrativo e della ispezione Port State Control supplementare del tipo più dettagliata (di seguito “PSC”) cui è stata sottoposta la propria nave Sea Watch 4 (di seguito “SW4”) per mano delle autorità italiane nel settembre del 2020.
In particolare, nei giorni 22, 23 e 28 agosto 2020, la SW4 riceveva notizia di situazioni di pericolo ed emergenza nel Mediterraneo centrale ed interveniva soccorrendo, in tutto, circa 354 persone. In data 31 agosto l’Italian Maritime Rescue Coordination Centre di Roma comunicava al Comandante della nave che il Ministero dell’Interno autorizzava il trasbordo dei migranti soccorsi dalla SW4 alla GNV Allegra (una delle imbarcazioni volte a consentire l’isolamento fiduciario dei migranti, ai fini del contenimento della diffusione del virus Covid-19) nel Golfo di Palermo, sotto il coordinamento della Capitaneria di Porto. Il trasferimento avveniva in data 2 settembre.
Con provvedimento dello stesso giorno, il Ministero della Salute (Direzione USMAF-SASN Sicilia) disponeva che la SW4 rimanesse all’ancora nei pressi del Porto di Palermo affinché anche l’equipaggio potesse effettuare un periodo di isolamento fiduciario della durata di quattordici giorni; decorso tale periodo, prescriveva la pulizia e la sanificazione della nave per il rilascio della relativa certificazione di libera pratica sanitaria. Il 19 settembre, al termine delle procedure di sanificazione, i funzionari dell’Ufficio PSC del Porto avviavano un’ispezione PSC supplementare del tipo più dettagliata, ai sensi del combinato disposto degli artt. 13 della direttiva 2009/16/CE e 16 del d.lgs. n. 53/2011 di recepimento della medesima, sulla base dell’indicato “overriding factor” rappresentato dalla circostanza per cui “the ship is engaged in assisting migrants at sea while it is not certified for the intended service(;) according to the ship’s safety equipment certificate the ship is equipped for carrying 30 persons while it has recovered on board 354 persons”.
Al termine dell’ispezione, si riscontravano ventidue carenze tecniche e operative con riferimento alle norme contenute nelle convenzioni internazionali MARPOL, SOLAS, MLC e STCW, come richiamate dall’art. 2 della direttiva 2009/16/CE; in conseguenza, veniva adottata una “Notice of Detention of the Master”, ossia il fermo dell’imbarcazione in virtù del combinato disposto degli artt. 19 della direttiva e 22 del d.lgs. di recepimento. Il provvedimento di fermo veniva emesso per avere l’Ufficio PSC riscontrato, da un lato, “uno o più dei criteri per il fermo di cui all’Allegato X della Direttiva 2009/16/CE […] e all’Allegato 11 del Decreto 24 marzo 2011, n. 53” e, dall’altro, “altre carenze che, singolarmente o insieme, sono chiaramente pericolose per la sicurezza, la salute o l’ambiente”; dai rapporti di ispezione emergeva che nove delle ventidue carenze erano state ritenute gravi e, in quanto tali, da qualificare come “ground of detention”.
Ad oggi, sebbene la SW4 abbia provveduto a rettificare la maggior parte delle contestate carenze, ne permangono alcune che se l’amministrazione italiana, quale Stato di approdo, ritiene debbano essere eliminate ai fini della revoca del fermo, l’amministrazione tedesca, quale Stato di bandiera, considera invece non sussistenti, alla luce della corretta interpretazione della normativa internazionale e comunitaria.
Tra tali carenze, interessa porre l’accento sulla addotta insussistenza di un quantitativo di dispositivi di salvataggio sufficiente rispetto al numero di persone soccorse. In particolare, le autorità italiane sostengono che la SW4 abbia trasportato più persone rispetto al numero di dispositivi di salvataggio che avrebbe potuto fornire loro in conformità al certificato di nave cargo conferitole dallo Stato di bandiera.
Tra le censure sollevate, con ricorso depositato il 23 ottobre 2020, l’Organizzazione ricorrente ha lamentato come non vi sia alcuna norma della direttiva 2009/16/CE che consenta allo Stato di approdo di utilizzare l’ispezione PSC alla stregua di uno strumento per modificare o mettere in dubbio la classificazione di una nave da parte dello Stato di bandiera. Invero, lo Stato di approdo, in sede di ispezione PSC, potrebbe verificare unicamente la presenza a bordo di certificati in corso di validità, non anche procedere alla riclassificazione della nave, anche se al solo fine di contestare talune presunte non conformità di tipo tecnico.
In sostanza, quanto all’effettiva finalità perseguita da parte dell’amministrazione italiana, la ricorrente ha ritenuto che non si fosse trattato di svolgere una vera e propria ispezione ai sensi della direttiva comunitaria, quanto di contrastare le attività di monitoraggio e controllo del flusso di migranti spiegate da Sea Watch nel Mediterraneo; il predetto intendimento emergerebbe dal report allegato al provvedimento di fermo del 19 settembre, nella parte in cui viene evidenziata la circostanza che la SW4 era impiegata in operazioni di soccorso di migranti in mare.
Sul punto si osservi – come confermano gli stessi giudici del T.A.R. Sicilia-Palermo nell’ordinanza in esame – che nel corso del 2020 sono state sottoposte a fermo amministrativo da parte delle Capitanerie di porto italiane, in sede di PSC ai sensi della direttiva 2009/16/CE, almeno sei navi di ONG impegnate in attività cd. SAR nel Mediterraneo centrale. Invero, in questo momento, eccetto la nave Open Arms, le rimanenti imbarcazioni di tali ONG si trovano sotto fermo. Peraltro, proprio dinanzi al T.A.R. Sicilia-Palermo sono pendenti allo stato tre ricorsi aventi ad oggetto il fermo amministrativo di imbarcazioni private, adottato in sede di PSC da parte delle Capitanerie di porto siciliane in conseguenza della ritenuta mancanza di requisiti valutati come necessari per lo svolgimento dell’attività SAR svolta, in concreto e in modo sistematico, dalle medesime navi (trattasi, in particolare, di SW3, SW4 e Alan Kurdi).
Tale contesto ha costretto il Collegio giudicante a formulare, contestualmente alle richieste di rinvio pregiudiziale, altresì istanza di accesso al procedimento accelerato di cui all’art. 105 del Regolamento di procedura della Corte di Giustizia. A dire dei giudici, infatti, “l’attesa dei tempi fisiologici di una decisione con rito ordinario da parte della Corte di Giustizia non consentirebbe la definizione dei giudizi pendenti prima dell’inizio della prossima stagione estiva 2021, stagione nella quale, sulla base dell’esperienza, solitamente si svolge il maggior numero di operazioni di salvataggio in mare dei migranti in pericolo nel Mare mediterraneo centrale”. Non solo, “la necessità di avere un quadro certo di riferimento della normativa in materia si impone anche in quanto l’importanza che tali navi siano adeguatamente registrate ed equipaggiate in modo da soddisfare i pertinenti requisiti sanitari e di sicurezza associati a tale attività è stata qualificata quale questione di ordine pubblico eurounitario, come emerge dal Considerando n. 12 della Raccomandazione (UE) 2020/1365 della Commissione del 23 settembre 2020”.
Dunque, proprio l’incertezza normativa in materia ha indotto il T.A.R. a sollevare articolate questioni di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia nei termini che seguono:
Da parte sua, il Collegio giudicante addiviene alla conclusione per cui l’ordinamento internazionale e comunitario risulta, allo stato, carente di una disciplina specifica per la classificazione dell’attività cd. SAR svolta da imbarcazioni di privati; non solo, con l’ordinanza in esame, i giudici si spingono oltre sino ad affermare che “la lacuna normativa in sede internazionale ed eurounitaria non consentirebbe di potere rinvenire nella normativa dello Stato di approdo un valido parametro di riferimento ai fini della richiesta del possesso di certificazioni e requisiti e/o prescrizioni ulteriori e diverse rispetto a quelli discendenti dalla specifica classificazione dello Stato di bandiera”.
Un’ultima criticità evidenziata dal T.A.R. Sicilia-Palermo riguarda il D.L. n. 130 del 9 dicembre 2020 che ha introdotto rilevanti novità in materia di immigrazione e nel quale, tuttavia, non è possibile scorgere alcuna disposizione che consenta di porre fine alla, ormai, prassi dei fermi amministrativi di navi private impegnate in attività di ricerca e soccorso in mare.
In definitiva, si auspica una pronta risposta da parte della Corte di Giustizia giacché, come noto, le imbarcazioni private costituiscono ad oggi la principale risorsa per prevenire e contenere i decessi nel Mediterraneo.
Dott.ssa Beatrice Distort