Tagli ai vitalizi dei parlamentari, autodichia e accesso ad un giudice

È di questi giorni la notizia dell’accoglimento da parte della Commissione contenziosa del Senato del ricorso proposto da migliaia di ex-parlamentari avverso la delibera che ha aveva stabilito, con effetto retroattivo, una significativa decurtazione dei vitalizi in godimento. Come chiarito dall’Avv. Maurizio Paniz (vedi qui), che rappresenta molti ex parlamentari nei relativi giudizi, la delibera è stata annullata perché ritenuta ingiustificata a fronte della giurisprudenza consolidata della Corte Costituzionale, della CEDU e del diritto dell’Unione europea, in base alla quale di fronte a una situazione consolidata gli interventi di riduzione degli importi devono rispondere a cinque requisiti, nessuno dei quali era stato rispettato dalla delibera. In primo luogo l’intervento non deve essere retroattivo, mentre questo taglio lo era; in secondo luogo non deve avere effetti perenni, come invece li aveva la delibera; in terzo luogo non deve riguardare una sola categoria ma deve essere “erga omnes”, mentre qui si colpivano solo gli ex parlamentari; in quarto luogo deve essere ragionevole, mentre questo taglio raggiungeva l’86% degli importi; infine deve indicare la destinazione specifica del risparmio di spesa, e anche su questo punto la delibera era carente.

Il Collegio di appello della Camera dei Deputati non si è, invece, ancora pronunciato sul ricorso presentato da alcuni ex parlamentari avverso la delibera con cui è stata disposta la revoca integrale del vitalizio sulla base di un’applicazione retroattiva del d.lgs. n. 235/2012 (c.d. Decreto Severino) per effetto di condanne penali definitive comportanti la sopravvenuta perdita del diritto di elettorato passivo. Tale ricorso era già stato rigettato in primo grado dal Consiglio di Giurisdizione della Camera dei Deputati con sentenza n. 8 del 2016.

Sullo stesso tema si sono recentemente pronunciate le Sezioni Unite della Corte di cassazione sul ricorso promosso dallo Studio S&P e dallo Studio dell’Avv. Prof. Romano Vaccarella nell’interesse di un ex parlamentare cui il vitalizio era stato revocato dalla Camera dei Deputati in base alla delibera di cui sopra. In particolare, con l’ordinanza n. 18266/19 depositata l’8 luglio 2019, la Suprema Corte ha dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione del giudice civile rispetto alle controversie riguardanti i vitalizi parlamentari, ritenendo che dette controversie – pur avendo ad oggetto un trattamento di tipo previdenziale – debbano restare integralmente devolute agli organi di giurisdizione domestica del Parlamento e che detti organi possano espletare le loro funzioni di controllo giurisdizionale nel rispetto dei requisiti di indipendenza e imparzialità prescritti dall’art. 111 Cost. e dall’art. 6 CEDU.

Avverso detta pronuncia, l’interessato ha proposto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, con il patrocinio dell’Avv. Prof. Andrea Saccucci e dell’Avv. Prof. Romano Vaccarella, per lamentare la violazione del principio di irretroattività delle sanzioni penali sancito dall’art. 7 CEDU, del diritto al rispetto dei beni garantito dall’art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU, del principio di sicurezza dei rapporti giuridici e del diritto di accesso ad un giudice indipendente e imparziale sanciti dall’art. 6 CEDU. Partendo dalle statuizioni già rese dalla Corte europea nel caso Savino e altri c. Italia, il ricorrente sostiene che, con specifico riferimento alle controversie riguardanti i vitalizi degli ex-parlamentari, gli organi di autodichia della Camera non soddisfino i requisiti di indipendenza e imparzialità (sia dal punto di vista oggettivo sia dal punto di vista soggettivo) prescritti dall’art. 6 CEDU e che, di conseguenza, la decisione della Corte di cassazione di dichiarare il difetto assoluto di giurisdizione lo ha privato del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva rispetto ad una misura che ha inciso, retroattivamente e con una chiara finalità sanzionatoria, sul suo diritto a percepire il vitalizio.

Il ricorso in questione ha superato il primo filtro di non manifesta inammissibilità ed è stato registrato a ruolo con il n. 4242/20.

 

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